Roma, Pontificio Istituto Orientale, foto del convegno GRAC tenutosi nell'anno 2009

Percorso

PCAC 21

Yaḥyā ibn ʿAdī (893-974 d.C.), Trattato sull'unità (Maqālah fī al-tawḥīd). L’uno, il molteplice e l’unità di Dio. Testo arabo a cura di Samir Khalil Samir sj. Introduzione, traduzione e note a cura di Olga Lucia Lizzini, prefazione di Gerhard Endress.

Edizioni del Gruppo di Ricerca Arabo-Cristiana, Bologna 2020. 424p.

 

مقالة في التوحيد

 ليحيى ابن عدي

(م893-974)

 

ISBN: 9791280091000

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Come si può dire che Dio è uno? Quando diciamo che Dio è uno, lo facciamo perché – come credono i musulmani – ne affermiamo l’unità assoluta, oppure perché – come intendono i cristiani – dell’unità divina accettiamo un’interna modulazione? Con il Trattato sull’unità divina, il filosofo cristiano Yaḥyā ibn ʿAdī (m. 974) intende dimostrare che il vero significato dell’uno non contraddice il molteplice e che, anzi, lo implica. La concezione cristiana dell’unità divina, una “unità” che deve essere allo stesso tempo “trinità”, trova così qui le sue solide basi filosofiche. Il metodo del trattato è infatti filosofico, anche se puramente teologico è il suo scopo: l’indagine intorno alla nozione di uno (al-wāḥid) mira infatti a definire la quiddità (māhiyyah) di Dio. In questo senso, i diversi significati dell’uno e dell’unità che Yaḥyā presenta, sulle orme del Parmemide di Platone e seguendo in particolare la discussione aristotelica dell’uno, sono pensati in dialogo polemico con il contesto teologico islamico: l’opposizione tra la concezione cristiana dell’unità divina e l’idea islamica è nel Trattato implicita ma costante.